Allenarsi in casa è cool: l’home fitness è un’opportunità per gli Sviluppatori immobiliari
Il 2020 è stato l’anno dell’on demand.
Costretti in casa per lunghi mesi, privati della possibilità di vedere un film al cinema, ascoltare un concerto dal vivo, cenare fuori, allenarsi in palestra o andare allo stadio, la propria casa è diventata l’unico luogo - o quantomeno il più sicuro - dove poter trascorrere il tempo libero. E così il cinema, la musica, le serie tv e il cibo sono diventati tutti elementi di un unico, grande pacchetto di esperienze on demand. Fitness compreso.
Lo ha capito presto anche Apple, che se a settembre 2020 annunciava l’arrivo di Fitness+, la prima esperienza di fitness studiata per Apple Watch in grado di offrire un allenamento personalizzato, appena 3 mesi dopo, il 14 dicembre, già rilasciava negli Stati Uniti l’app che promette di modificare per sempre le abitudine degli appassionati di sport trovatisi da un giorno all’altro a dover fare i conti con le palestre chiuse.
La mossa del gigante di Cupertino è in linea con le strategie volte a aumentare il consumo di home fitness messe in atto dai maggiori player internazionali nel settore wellness: Peloton ad esempio, che secondo JP Morgan avrebbe superato il milione di abbonati, e l’italiana Technogym, che ha recentemente lanciato la sua nuova Bike per allenamenti on demand personalizzati da fare direttamente da casa.
E ora che mantenersi in forma dentro le mura domestiche è percepito positivamente dagli stessi entusiasti del fitness, il settore Real Estate vede un’opportunità per rendere più attraenti i nuovi prodotti immobiliari, realizzando spazi dedicati al working out sia all’interno dell’abitazione con stanze dedicate da attrezzare con macchinari professionali sia negli spazi comuni dei complessi residenziali.
Ne è un esempio Casa Maggiolino, iniziativa immobiliare realizzata da Impredo che sta sorgendo nel quadrante est di Roma: 98 appartamenti disposti su due edifici con roof garden, area verde e relax, parco giochi, spazi per lo smart working e appunto una palestra attrezzata.
«Offrire alle persone la possibilità di allenarsi negli spazi domestici o comunque condominiali è sicuramente un plus per chi oggi concepisce nuovi prodotti immobiliari - spiega Daniele D’Orazio, fondatore di Impredo - e per questo i nostri architetti lavorano a soluzioni poco impattanti ma in grado di rispondere bene a questo nuovo tipo di richiesta».
Una tendenza, quella della palestra all’interno dei condomini, che nelle grandi metropoli occidentali, è una realtà consolidata da anni. E che in Italia conquisterà uno spazio via via maggiore.
Le metropoli lasciano il passo alle piccole città. Ma un modo per tornare grandi c’è
Un crollo di 11 posizioni, dalla prima alla 12esima: la provincia di Milano non è più al vertice dell’annuale classifica Qualità della Vita del Sole 24 Ore. L’edizione 2020, pubblicata lo scorso 14 dicembre, ha infatti decretato, dopo due anni di supremazia, la caduta del gigante lombardo a favore della più piccola (e tranquilla) Bologna.
Fra le ragioni di un inciampo così plateale ci sono il mancato raggiungimento del livello di PIL pro capite ipotizzato nel 2019 e soprattutto un nuovo indicatore introdotto dal quotidiano economico-finanziario nell’anno del Covid-19: lo spazio abitativo a disposizione. In provincia di Milano, in media, ogni famiglia è infatti costretta a vivere in 51 mq. Troppo pochi per garantire una qualità della vita soddisfacente, soprattutto nelle città paralizzate dalla pandemia, dove la casa diventa rifugio obbligato.
Abitazioni troppo piccole, poche aree verdi, traffico congestionato, conseguente inquinamento acustico e qualità dell’aria tutt’altro che salubre. Il 2020 ha portato alla luce i tanti problemi delle metropoli del mondo, anche di quelle italiane. E chi può preferisce trasferirsi in una dimensione urbana più vivibile e a misura d’uomo. Lo conferma un’indagine di Solo Affitti secondo cui le grandi città del nostro paese hanno subito una riduzione del 9,5% del canone medio d’affitto, segno di un importante calo della domanda nel segmento residenziale.
La ricerca di ritmi più lenti e di un luogo in cui vivere che privilegi la qualità sulla quantità, è certamente una tendenza in atto. Se il Sole 24 Ore nel suo rapporto 2020 ha premiato Bologna e la sua provincia, il magazine internazionale Monocle, punto di riferimento di leader e decision maker in tutto il mondo, ha annusato il trend e stilato per il secondo anno consecutivo il suo Small Cities Index: la classifica delle 25 città al mondo con una popolazione al di sotto delle 250 mila unità in cui è più bello vivere. «L’idea - hanno spiegato i creatori dell’iniziativa - era di delineare i luoghi che hanno spinto i nostri lettori a considerare un nuovo inizio in un luogo più piccolo, senza perdere tutte le cose che amano della vita urbana. In tal modo, abbiamo promosso città ben collegate che offrono grandi opportunità di business, una cultura accogliente e accesso alla natura». Ad aggiudicarsi il primo posto del Small Cities Index è stata Porto, una città dalle grandi ambizioni e che, sottolinea Monocle, ha il vantaggio di poter essere percorsa facilmente a piedi (fra le italiane, la prima è Bolzano all’ottavo posto).
Piccolo è bello insomma. Lo conferma la recente iniziativa di Sviluppo firmata Impredo nel comune di Terracina, a metà strada fra Napoli e Roma: appartamenti di lusso fronte mare inseriti in un contesto immobiliare praticamente autosufficiente.
E le grandi città? Quali sono le strategie che devono implementare per tornare ad essere attrattive in questi difficili anni Venti?
«Sicuramente migliorare l’esperienza di chi ci vive: ridurre il traffico veicolare, creare infrastrutture sostenibili, puntare sull’efficientamento energetico per contenere le bolle di calore e combattere l’inquinamento atmosferico, progettare edifici e ambienti accessibili, concepire e realizzare aree verdi urbane che fungano da polmoni e offrano ai residenti la possibilità di vivere gli spazi aperti in maniera sana» spiega Marco Albi Marini, direttore Sviluppo di Impredo.
«Ed è necessario puntare sulla Rigenerazione urbana». Trasformare cioè gli edifici vetusti e non più sostenibili delle grandi città «in nuovi prodotti immobiliari dal respiro contemporaneo che impattino positivamente nei quartieri, generando un circolo virtuoso che permetta, anche grazie all’adozione dello smart working, un nuovo modo di abitare».
«In Italia, soprattutto nelle grandi città, il consumo del territorio ha determinato negli anni un’azione centrifuga che ha allontanato milioni di persone dalle centralità e ne ha create altre, spesso scollegate fra loro» conclude Marco Albi Marini, secondo cui «la rigenerazione urbana è l’opportunità di un’intera generazione di dare forma e nuova vita ai corpi metropolitani».